ANTIGRUPPO INTERGRUPPO SINGLOSSIE

ANTIGRUPPO INTERGRUPPO SINGLOSSIE

TRA IDOSEMANTICO E FONOSEMANTICO: LA SINGLOSSIA

Nel presentare in questa occasione – e in questa sede – una RIVISTA che per necessità e immediatezza di comodo possiamo definire letteraria o di varia letteratura, occorre informare subito i presenti che non si tratta in questo caso di una pubblicazione nata ora e di cui si vuol proporre il primo numero che annuncia il susseguirsi di una serie, secondo il progetto e il destino editoriale coltivato dal suo ideatore. Questa rivista è nata e vive da parecchi anni. L’ha fondata Ignazio Apolloni che, in collaborazione con Pietro Terminelli, l’ha condotta su tracciati della ricerca e della sperimentazione poetica calata in due distinti versanti, di elaborazione e di scrittura. Uno votato al ribaltamento linguistico e sintattico del verso costruito su una successione di impatti lessicali rispetto alla “tradizione” della parola, del suo codice semantico, ora sempre più incalzato negli slegamenti di significato e di senso – e perciò stesso parola poetica spesso altamente cadenzata nel suo flusso concettuale, nei suo eventi analogici, come nei suoi improbabili raccordi (così in Terminelli, per esempio). Una ricerca poetica, però, ancora basata sulla linearità, sulla orizzontalità del rigo che organizza lo spazio della pagina snodandosi, appunto, nell’ordine del verso. L’altro versante, invece, totalmente ri-versato nella liberalizzazione verbo-visiva dell’ingrediente poetico dislocato nel supporto della pagina o altrove, in altri siti catturabili dall’occhio, come diremo. Queste due componenti della ricerca poetica, l’una ancora di scrittura lineare e l’altra insubordinata nell’utilizzazione di segni, segnali, immagini e parole, sono state registrate e comunicate negli anni precedenti dal lungo ciclo di questo stesso periodico che, con la testata di “INTERGRUPPO”, ha ospitato di volta in volta esempi tra i più rappresentativi della sperimentazione e della ricerca poetica dei nostri giorni, affermandosi presto anche a livello internazionale. Senonché, assecondando la propria vocazione, sia di teorico che di operatore in questo campo – e ritenendo inoltre che, rispetto alla poesia lineare, quella verbo-visiva è stata capace di fornire ulteriori e più interessanti sbocchi – Ignazio Apolloni ha operato una scelta decisiva, privilegiando, con l’uscita e la presentazione di questo nuovo numero, il versante più congeniale, aggiungendo così alla precedente testata di INTERGRUPPO la definizione specifica di INTERGRUPPO SINGLOSSIE. In tal modo, la continuità ideologico-poetica o letteraria che ne ha fondato l’apparizione rimane; rimane di essa la forte carica delle motivazioni culturali attestate sui più attuali bisogni di amplificazione della conoscenza rispetto anche ai generi espressivi che si vogliono praticare. Ciò che non cambia ma viene ulteriormente ricercato e approfondito è, come si è detto, l’uso dei segni, segnali, immagini, parole che, nel loro costituirsi in ambiti della sperimentazione poetica prodotta dalle neoavanguardie, si sono via via formalizzati in termini di “Poesia visiva o tecnologica”, “Poesia concreta”, “Singlossica” e, infine, di “Nuova scrittura visuale”. All’origine di questa poetica complessiva e del suo coerente divenire, esiste il presupposto secondo cui una rapida rivoluzione tecnologica ha spinto gli avvenimenti verso una soluzione retinica in senso mediato: l’organo della vista è stato addirittura potenziato, ma un inconscio collettivo nutrito di segni alla seconda potenza ha chiesto all’artista di produrre soprattutto “segni in forma di scrittura”. Parola e immagine si sono statuariamente poste, pertanto, come protagoniste della creatività contemporanea, facendo coincidere le modalità del loro rapporto esattamente con la funzione dell’immaginario (l’artisticità o l’esteticità di una volta). Così, la poesia visiva o tecnologica, fatta di figurazioni e di parole, annulla la dicotomia fra civiltà della scrittura e civiltà dell’immagine, cosicché sia l’una che l’altra sembrano destinate a coesistere e semmai è riscontrabile una tendenza alla sovrapposizione, nel senso che ciò che è visivo tende a farsi anche discorsivo (ma non necessariamente descrittivo), e ciò che è discorsivo tende ad assumere anche un aspetto visivo. La poesia definita concreta, non riproduce più, a sua volta, il senso semantico o il senso estetico dei suoi elementi, ad esempio le parole, con la consueta stesura di contesti ordinati linearmente e grammaticalmente, ma gioca su possibili nessi di superficie. Essa ora appartiene alla teoria testuale, un campo della moderna estetica, la quale si occupa degli “oggetti rappresentati da parole” (poesia) e comprende nelle sue indagini anche gli “oggetti di disegno”, la grafica pubblicitaria, per esempio. Ma l’ambito che contiene questa coesistenza – occorre aggiungere a questo punto – conserva ancora una matrice poetica di tipo idealistico, anche se, come abbiamo detto, essa si esplica e rifonda un modello “altro” di poesia. Parliamo, appunto, della citata Poesia visiva e Concreta, e questa remora ha finito per costituire un limite e la necessità di un suo superamento. Si arriva così alla più recente operazione del linguaggio ideativo acutamente e risolutivamente teorizzato, praticato e sostenuto dalla compianta Rossana Apicella, attraverso le ipotesi e i postulati della Singlossia, dove il visivo e il verbale non possono essere scissi. Un linguaggio di ricerca e di riscontro, di attuazione non soltanto sulla pagina del libro o su qualsiasi altra superficie fissa, ma praticabile dovunque, soprattutto negli scenari urbani. Una ricerca, come precisava la stessa Apicella, che si propone di “non chiudere nessuna area di esperienza”. Proprio su questa vasta potenzialità di intervento, si appunta ora il lavoro sia teorico che operativo di Ignazio Apolloni, caratterizzando la sua Rivista dei più significativi prodotti, sia a livello personale che da parte di altri autori in campo nazionale. Da ciò, dunque, il titolo più completo di questo nuovo numero della Rivista INTERGRUPPO SINGLOSSIE su cui si baserà la continuazione della sua nuova serie. Singlossia, Singlossie: che cosa significa questo termine. Essi sono nuovi e inconsueti, derivano da etimologie greche e sono stati creati dall’Apicella sul modello del linguaggio medico-scientifico (per intenderci: come cardiologia, psichiatria, geografia, antropogeografia, ecc.). Così, monoglossia sta ad indicare l’uso di un solo strumento per trasmettere un messaggio. Essa può servirsi del linguaggio visivo (disegno che trasmette un messaggio, quadro anche astratto, ma con puro valore iconico), o del linguaggio verbale nelle sue tre articolazioni fondamentali: 1) parola detta; 2) parola scritta; 3) gesto sostitutivo della parola. Pertanto la monoglossia è l’uso di un solo strumento, con una sola funzione semantica. Dalla monoglossia si passa alla paraglossia, cioè al linguaggio nel quale i due elementi, visivo e verbale, sono posti in posizione parallela, uno dei quali ha funzione didascalica, esplicativa: il titolo di un quadro, la scritta sotto un poster pubblicitario, ecc. Diversa è invece la SINGLOSSIA, che è incrocio del linguaggio visivo e verbale. Per Singlossia si intende, allora, l’incrocio del linguaggio idosemantico o visivo e del linguaggio fonosemantico, cioè verbale. Essi raggiungono un punto nel quale i due linguaggi si completano, nel senso che l’uno non può essere comprensibile senza la presenza dell’altro. La Singlossia, per tali ragioni, può essere considerata il fenomeno più portante della nostra civiltà semiologica: essa è tipica del cinema, della televisione, della pubblicità, dello scenario mobile, fonetico, della città, come di molte altre manifestazioni che rendono protagonista il vedere conosciuto e non, così da rendere ormai inadeguata, insufficiente la stessa definizione di Civiltà dell’immagine che deve cedere il posto a quella più appropriata di Civiltà della singlossia, appunto. Su questa più urgente esigenza insiste in tal modo INTERGRUPPO SINGLOSSIE cui Ignazio Apolloni attribuisce un ruolo di informazione e di comunicazione tra i più conseguenti, conferendo a questo primo numero della nuova serie un articolato e qualificato quadro di riferimento da cui emerge tutta l’importanza della sperimentazione e della ricerca in questo campo variamente dislocata nelle aree geografiche più fertili e impegnate, divaricate da uno spettro di interessi, sia teorici che operativi, che vanno dalla favola, agli audiovisivi, alle nuove idee letterarie, ai nuovi linguaggi immaginari. In tale panorama, si colloca intanto, con una sua precisa e feconda fisionomia lo stesso Apolloni, fondatore e direttore, come si è detto, della Rivista. Giudicata tra le più originali e confacenti, la sua produzione singlossica si basa su aspetti ed esiti ludico-fantastici particolarmente incisivi ed ironici, laddove per ironia si deve intendere, nel suo caso, non tanto o non semplicemente l’intervento caustico di un giudizio irritante, ma la fabulazione sottilmente critica e ribaltata, immaginifica, creativa dell’evento agìto tra immagine e parola, ma anche della sola scrittura, come nel suo libro “Favole per adulti” di cui Roberto Roversi ha scritto tra l’altro, che “nella libertà della favola riconquistata e dissacrata, crudeli mostruosità si mescolano a ridicole buone azioni, patetiche aspirazioni di grandezza si ricompongono in catastrofi politico-ecologiche e gli stessi protagonisti si scheggiano e frantumano nell’inestinguibile dimenarsi di battute e sberleffi”. E poi le Sketch poesie singlossiche dello stesso Apolloni, prodotte, per la parte vignettistica, dal felicissimo disegno di Cerami; e ancora la nutrita serie della poesia impossibile, nella quale la componente ludico-linguistica ed ironica raggiunge i maggiori traguardi della sintesi singlossica. In definitiva, tutte le operazioni che riguardano questo settore di attività verbo-visiva, tendono a dimostrare come la scrittura non può più essere al servizio della sola voce intesa come espressione diretta della parola. La nuova scrittura visuale, pertanto, non mira più ad essere la traduzione fedele del parlato, dove gli assetti semiotici della scrittura stessa riflettono le reali connotazioni dell’universo segnico e non più quello prevalente (prima) della parola. Seguendo i percorsi iniziali e la loro evoluzione dinamica, al fine di evitare le loro possibili cristallizzazioni, le ultime poetiche verbo-visuali – cioè quelle che indagano da alcuni decenni sulle possibili integrazioni fra parola e immagine – stanno da qualche tempo traducendo la scrittura, con i suoi atti e sconfinamenti, nonché le sue possibilità fonico-espressive, nel linguaggio, nel video e nel cinema. In questo modo, parola e scrittura sono portate a una lettura-dimensione diacronica, diventando esse stesse protagoniste delle loro scomposizioni e ricomposizioni nelle possibili amplificazioni multimediali. Nell’ambito della ricerca singlossica agisce pure un gruppo di operatori siciliani che fanno capo ad Apolloni e alla sua Rivista. Michele Lambo che ha trasferito gli interessi della propria ricerca nel campo dell’elettronica, dell’audiovisivo, ottenendo suggestivi risultati di linguaggio multimediale; Franco Spena che dal versante pittorico trae formule poetiche e la simbiosi tra immagini e scrittura; Salvatore Salamone, particolarmente inventivo nell’uso delle predette componenti; Anna Guillot che agli assetti e armonie cromatiche conferisce stupende soluzioni alfabetiche. Lambo, Spena e Salamone fanno parte del Centro Duchamp di Caltanissetta, indicativamente denominato “Magazzino di Immagini e Parole”, il solo che operi in Sicilia. Il palermitano Piero Buffa, il cui gioco grafico, condotto sulla superficie del foglio con abilità di movimento, di allusioni e di fughe, metaforizza il pentagramma, producendolo in sonorità visive. E infine, il più recente Pietro Ales capace di strabilianti input combinatori di collages, dove le referenze verbo-visive perseguono l’immaginario dell’iperbole, un improbabile significante. E quindi, l’efficace singlossia nelle sculture di Giusto Sucato; per finire con l’accattivante e frantumato linguaggio lettristico colto dalla fotografia di Giovanni Franco attraverso le lacerazioni del manifesto sui muri della città. E per ultimo, la ricerca di scrittura visuale povera condotta da chi vi parla e la Fabra, attenta studiosa dell’evoluzione linguistica di questa poetica. Insomma, per concludere si ha una Convergenza totale, multimediale, di segni, immagini e scritture che rivelano la nascita di un nuovo linguaggio di Poiésis destinato a risalire le radici della civiltà e della storia del linguaggio come espressione del collettivo interpretato dalla attuale autonomia del singolo.

Francesco Carbone

ANTIGRUPPO PALERMO

L’Antigruppo nacque con questa denominazione nell’anno 1968, sulla nave da Palermo ad Ustica. In quella circostanza Ignazio Apolloni, Crescenzio Cane, Pietro Terminelli e Nat Scammacca tennero, ad Ustica appunto, il loro primo recital di poesie. Quelle poesie furono scritte sui muri delle case dei pescatori. Ignazio Apolloni, che all’epoca era Presidente dell’ARCI di Palermo, fu l’organizzatore dei primi loro recitals. Tra gli scopi dell’Antigruppo quello di contrapporsi al GRUPPO ‘63. Principale organo di diffusione delle idee dell’Antigruppo – assieme con Antigruppo PALERMO, a Palermo con gli interventi di Apolloni, Perriera, Scammacca e Terminelli, e con IMPEGNO 70, a Mazara del Vallo con Rolando Certa – fu, dal 1968 al 1991, il TRAPANI NUOVA, edito a Trapani.

                    

per approfondimenti sulla storia dell’ANTIGRUPPO collegarsi al Link:http://www.rivistadistudiitaliani.it/articolo.php?id=535

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